domenica 19 gennaio 2014

BLOG AMICI: INIZIATIVA DI SCAMBIO


Due racconti su un unico tema. Oggi è "Hollande".
Questo è il racconto di Euge Scrivo perchè non ne posso più fare a meno, che pubblica il mio sul su o blog. Buona lettura...

CROISSANT
I
Me lo ricordo bene, al liceo ho studiato il greco antico. Mio Padre, a costo di sacrifici che io non conoscerò mai, ha voluto farmi andare al liceo Henry IV, nel 5° arrondissement, e il mio curriculum, ancorché non fossi il primo della classe è stato sempre più che dignitoso. Non sono mai stato bocciato.
Ricordo bene Saffo, Óptais àmme, tu mi fai bruciare. Anche quella rossa piena di lentiggini due banchi avanti a me mi faceva bruciare, e glielo dissi nel modo meno gentile possibile. Tredici anni avremo avuto, gli anni in cui gli ormoni in circolazione sono veramente tanti. Non mi rise neanche in faccia, mi ignorò semplicemente. Certo, ero un ragazzo un po' brufoloso e con un look molto trasandato. Il '68 era passato da poco e ancora non ne avevo appreso completamente il potenziale, qualche bagliore, più che altro. L'andare vestito "diverso".
Tutto col tempo è passato, sciogliendosi e stemperandosi nell'acqua di una pozzanghera che evapora col sole del mattino dopo la pioggia della notte, e perde le immagini tremolanti del mondo che conservava.
Dopo il baccalaureato ho fatto la scuola di Polizia: a quel tempo credevo nella legge e credevo nella giustizia, entrambe con la lettera maiuscola, e mi sembrava un gran bel lavoro poterne essere il custode. Era bella la mia Accademia, a Saint-Cyr-Au-Mont-d'Or, vicino alla foresta di Fontainebleau, dove tanti pomeriggi ho passato, ad ascoltare assorto i rumori della natura. Certo, le persone che lì ho incontrato hanno rappresentato, alcune, la peggiore umanità che mi potesse capitare di fronte, ma è tutta esperienza.
Alla fine sono diventato commissario anche io e, per una caso strano della sorte, a me che volevo essere mandato il più lontano possibile, è stato assegnato un commissariato nel centro di Parigi.
Tutto il resto è routine. Mi sono sposato e ho avuto due figli, e come tutti i padri ho capito cose quando non era più il momento e non ho capito cose nel momento in cui avrei dovuto capirle. Sono cose che succedono. Ultimamente ho avuto anche un problema di salute, che mi ha dato parecchio fastidio solo perché non ero stato così previdente da metterlo in conto. E quando mi ha "colpito" sono rimasto scioccamente stupito. "Ma a tutto c'è rimedio", mi ha detto il mio vecchio medico, "prendila come una botta di fortuna (lui non ha detto 'fortuna')", adesso sei in grado di riconoscere il prossimo. Impara a volerti bene". Non ha tutti i torti, il vecchio, certo, se no non andrei a farmi curare da lui, ma è anche vero che c'è un attimo, nella tua vita, in cui ti senti invincibile, immortale forse, e il doverti confrontare con la tua piccola realtà di ometto mortale ti costa parecchio.
Comunque tutto va bene, dài.
Mi hanno anche spostato a servizi meno impegnativi, farò parte del servizio di sicurezza del nostro presidente. La guardia del corpo, insomma. Non è poi malaccio, non siamo mica in Afghanistan. Non so che tipo sarà, magari non sarà neanche simpatico. Però è un lavoro, e cercherò di proteggerlo meglio che posso, che poi è anche questa una routine; serve soltanto la furbizia di prevedere se certe situazioni potrebbero rappresentare un pericolo, e di evitarle.
Vediamo.


II
Sono due mesi che lavoro con lui, e invece è simpatico, l'omino. Non l'avrei detto, guardando il personaggio in televisione. Dopo tre minuti che gli parli ti accorgi che è uno che ha studiato, e parecchio. Ha voluto sapere che liceo ho fatto e quando gli ho detto che avevo studiato il greco antico mi ha chiesto cosa ricordavo. Gli ho detto "Óptais àmme" e dall'espressione del volto credo di averlo colpito. Uno a zero per me.
La mattina lo vado a prendere all'Eliseo e, dato che non sono io quello che deve guidare, siedo dietro vicino a lui. Legge i giornali e li commenta ad alta voce, spesso con grande malignità verso i suoi colleghi, specie quelli della sua parte.
Mi chiede opinioni sui fatti del giorno che ascolta con interesse, e io gliele do sempre con franchezza assoluta. Naturalmente quando è il momento di fare delle dichiarazioni raramente le ricorda.
Non c'è voluto molto per capire che l'amico ha un'unica passione nella vita. Me ne sono accorto nel primo viaggio. Le guarda tutte, con un occhio felino e famelico, le valuta, le giudica, fa in un attimo il calcolo di quante probabilità possa avere. E fissa anche quelle che a me, se dovessi dare un voto, non prenderebbero più di 4/10. Forse pensa che con queste la strada possa essere più agevole, vai a sapere. Nei suoi occhi ci sono la forza e l'ingenuità di un quattordicenne. Capisce anche lui che non può fermare la macchina e scendere ma ne ha una voglia difficilmente controllabile. Per fortuna di entrambi anche io non sono insensibile a due gambe ben tornite, ancor meglio se statuarie, per cui dopo tre minuti di politica si passa a discorsi ben più prosaici - ma cosa c'è di più prosaico della politica? - e, proprio come due liceali, ci divertiamo a condividere le nostre più incredibili, e sciocche, fantasie erotiche. Arriviamo all'Eliseo e ci lasciamo con una sguardo d'intesa per il prossimo giro. Parcheggiata la macchina vado su e mi apposto all'ingresso del suo appartamento. Uomini e donne vanno e vengono, e io di tutti devo controllare l'identità e il titolo a entrare. Ce ne sono certe, deputate ma anche giornaliste, delle quali son più che certo che lui se le mangerà con gli occhi. Ma non solo.
Infatti non c'è voluto molto, meno di due mesi.
Un pomeriggio l'amico mi chiama nello studio.
La prende alla lontana ma da come gli brillano gli occhi capisco immediatamente che il tombeur de femmes ha colpito ancora. Mi stupisce un poco che non realizzi che amore non ne può avere, almeno fino a che resterà in quella posizione. Ma lui sembra non capirlo, fa finta di non capirlo, anzi, perché è troppo intelligente. Prende queste avventure come "fringe benefits" che un presidente ha, per così dire, di diritto. Non mancano i precedenti, in Francia e fuori di Francia. In Francia forse queste cose aumentano l'indice di gradimento del tuo elettorato. Probabilmente anche altrove....
Mi spiega, richiedendo, meglio "implorando" la massima segretezza, che stasera lo devo accompagnare a casa di una "Madame", una di cui ricordo il nome ma non la faccia, opaca direi, ah ah ah. Andremo in moto e partiremo alle 22. Questo mi piace molto poco, dal punto di vista della sicurezza è un grosso rischio. Andremo con l'impermeabile - ha studiato tutto il boss - e il casco ci garantirà il miglior anonimato.
E così abbiamo fatto, quella sera e tutte le sere successive. Lo porto alle dieci e lo vado a riprendere alle sette. A Capodanno ha anche festeggiato. Mi hanno mandato a comperare un sacchetto pieno di croissants, i due piccioncini.
Non so, non capisco se sia felice davvero o voglia cercare di esserlo a tutti i costi. O se finga di esserlo.
Mi viene in mente quel ragazzo di quattordici anni, un po' brufoloso, che scriveva Óptais àmme a una rossa due banchi avanti a lui, e penso di essere capitato in un altro mondo.


lunedì 13 gennaio 2014

IMPREVISTO




Finalmente erano riusciti a raggiungere la tanto agognata meta delle vacanze: un paesino sperduto fra le Dolomiti, che adorava da almeno cinque anni, tanti erano stati gli inverni in cui vi si erano recati. In realtà non era nulla di speciale: qualche casa, non più di alcuni hotel, un bar-pasticceria e niente altro, ma fra quelle montagne, lontano dal caos e dal traffico cittadino, si sentiva in paradiso: aveva a sua disposizione chilometri e chilometri di meravigliose piste innevate, circondato da una natura quasi incontaminata.

La giornata era splendida: il cielo era limpido ed il brillare della neve era così intenso, da rendere impossibile tenere gli occhi aperti, senza un paio di occhiali da sole. Il lunedì scorreva sereno quando, inaspettatamente, accadde l'imprevedibile: una pietra sulla pista, che non aveva visto,  gli fece perdere l'aderenza al terreno, gli sci si aprirono e cominciò a scomporsi, cadendo rovinosamente a terra. Ruzzolò un paio di volte, lo sci sinistro si staccò e rimase a metà pista, mentre l'altro, insieme al legittimo proprietario, iniziò a piroettare, finchè caddero rovinosamente a terra. 'Cosa diavolo sta succedendo?' pensò. Poi più nulla. Dopo dieci giorni si risvegliò circondato dal bianco, ma non così brillante come lo ricordava. Era solo il candore delle lenzuola e del soffitto della camera d'ospedale che lo ospitava. Lei gli era accanto, come per tutti i precedenti sei giorni di gennaio e quattro di febbraio: tanti ne erano trascorsi da quel maledetto 25 gennaio. Non lo voleva abbandonare, così non si era mai allontana dal suo capezzale, se non per le banali esigenze fisiologiche e per qualche sigaretta, consumata silenziosamente in solitudine, fuori dall'ospedale, nascosta nel suo giaccone beige, col cappuccio contornato da morbido lapin. E la sua paziente attesa era stata premiata!
Come aprì gli occhi, si guardò intorno smarrito, poi incontrò lo sguardo amorevole di lei, che sorpresa gli sorrideva, con gli occhi colmi di lacrime per la felicità. 'Tesoro, non dire nulla! Sono qui accanto a te. I medici dicono che ti stai rimettendo e presto sarai in grado di parlare...ora non affaticarti. Sono così felice di vedere i tuoi occhi verdi!'. Sebbene dolorante, lui le fece un cenno di assenso e sereno, quasi fosse stato manlevato da ogni dovere, si lasciò andare nel sonno, cullato dall'immagine del suo sorriso.

Nei giorni seguenti ci furono notevoli miglioramenti: era più vigile ed aveva iniziato ad interagire con il resto del mondo, sebbene non riuscisse ancora a sentire la gamba sinistra. 'Non mi fa male e questo è un bene, visto che mi sento tutto un dolore, però non riesco nemmeno a muoverla... perchè?' Lei non sapeva cosa rispondergli... 'Adesso non ci pensare, stai tranquillo e vedrai che pian piano riprenderai pieno possesso del tuo corpo e rifarai la tua vita'. In cuor suo lo sperava davvero anche lei, ma i dottori non erano stati particolarmente ottimisti in proposito. 'Non sappiamo, dovremo vedere come reagirà alle terapie... potrebbe esserci un miglioramento... il tempo ci darà delle risposte'.
La risposta però fu solo questa: paresi all' arto inferiore sinistro.

La situazione diventava sempre più complicata con il trascorrere delle giornate: ormai aveva capito anche lui che difficilmente avrebbe ripreso la vita di un tempo e questo lo gettava nel più forte sconforto.
'Se non posso vivere come prima, che cazzo ci sto a fare a questo mondo?!'
'SMETTILA! Non voglio mai più sentire una stronzata come questa!!' disse lei, con la rabbia in corpo: 'Sei vivo e tutto il resto non conta. Supereremo ogni difficoltà, insieme'. Sperava di avere davvero ragione, anche se conoscendo il carattere di lui ed essendo ben consapevole dei propri limiti, immaginava che non sarebbe stato un percorso facile. Più il tempo passava, più si allontanavano, finchè un giorno lui le disse in malo modo: 'Non ho bisogno di averti vicino, non devo elemosinare nessuno. Me la cavo benissimo da solo, anche senza di te!'. A queste parole, dopo che la sua pazienza era stata messa a dura prova da oltre 15 giorni, in cui aveva fatto finta di nulla ad ogni sua insolenza, giustificandola per la situazione, non riuscì a fare altro che rispondere: ''BENE ed allora arrangiati. Buona fortuna!!' e se ne andò sbattendo la porta. Se questo era ciò che desiderava, che si arrangiasse da solo. Lei aveva già tanti altri pensieri e problemi da dover risolvere, che proprio non era disposta a sopportare i capricci di un bambino 40 enne, che doveva solo ringraziare la buona stella che lo aveva protetto. Un altro al suo posto avrebbe perso la vita. Lui in fondo aveva perso parzialmente l'uso di una gamba e la sua spensieratezza. Ed ora stava perdendo anche lei.

venerdì 3 gennaio 2014

NON SI FINISCE MAI...

La mamma non è un tipo che si lamenti assiduamente, ma questa frase 'NON SI FINISCE MAI' gliela sento pronunciare spesso. D'altra parte in casa da fare ce n'è sempre, anche perchè la famiglia è numerosa. 2 genitori, 4 figli, un cane ed un gatto... e lei non riesce mai a stare ferma più di un minuto.

Io sono il più piccolo di casa: non ho ancora capito se sono a questo mondo perchè mi hanno davvero desiderato, o se ci sono arrivato solo per caso. Probabilmente non lo saprò mai. Ho sempre la brutta sensazione di essere davvero l'ultimo nei pensieri di tutti. Così come l'ultima riga di una lunga lista di cose da fare: prima si annotano le più importanti, a cui si dedica tempo prezioso e poi via via, si prosegue, andando in rigoroso ordine verso il basso, sino all'ultima. Sempre che ci sia il tempo da dedicare anche a quella.

Prima di me ci sono sempre i miei fratelli.
La coda per il bagno, ad esempio. Giovanni va all'università, non è ancora chiaro se frequenti o non frequenti, dovrebbe essere il più libero di tutti, sicuramente esce dopo di me. Marta ed Agnese escono alle 8,00 per raggiungere il loro liceo a soli 15 minuti da casa. Io che ho 10 anni e vado in 1^ media, alle 7,50 devo già essere a scuola, quindi per non fare tardi devo uscire da casa non oltre le 7,30. Ebbene, è certo che se io devo lavarmi i denti, attività di per sè semplice e banale, mi trovo ad affrontare una situazione insormontabile: il bagno è sempre occupato! I miei fratelli si arrogano il diritto di andarci quando e come gli comoda, senza tenere conto che in famiglia ci sono anche io, con le mie esigenze. E spesso quando finalmente è il mio turno trovo l'asciugamano umidiccio e ciancicato, oppure è finito il dentifricio, o sta finendo la carta igienica, o qualunque altra cosa. Uffa.

Mamma cerca di dirigire questa ciurma, con la migliore strategia possibile, tuttavia spesso c'è qualche maroso, che ci fa un po' cambiare rotta. A volte non si perde d'animo e dalla sua torre di comando impartisce istruzioni e compiti a tutti, come un vero comandante. Altre preferisce fare tutto da sola, seguendo il detto 'chi fa da sè fa per tre'. Se è per quello mi sembra che a volte lei faccia anche per 5 o 6...
Certo che la mamma non finisce davvero mai... dopo che noi abbiamo fatto la colazione e siamo andati a scuola, riassetta la cucina, svuota la lavapiatti, rifà i letti, pulisce il bagno, butta via la spazzatura seguendo scrupolosamente le indicazioni previste dalla raccolta differenziata, poi si catapulta allo studio medico, dove fa la segretaria. Tutto il giorno a contatto con pazienti, medici, telefoni che squillano, gente che trova sempre qualcosa da ridire o di cui lamentarsi, oltre a tanta confusione, che la fa da padrona. Si certo è fortunata: lei almeno un lavoro ce l'ha. Per ora. Quando finisce ecco che viene a casa da noi, sempre dopo aver fatto la spesa. Una sera il supermercato, una sera quel negozietto vicino a casa, ormai diventato un po' retrò, che vende tante cosine buone, un'altra volta dal macellaio oppure dal fruttivendolo. 'Mamma mi sono dimenticato le lenti a contatto: potresti andare dall'ottico ad acquistarle, prima di venire a casa? Tanto è vicino al tuo studio'. 'E' finito il sale grosso... c'è da pagare il bollettino della scuola....' 'Mamma domani Carlo e Teresa possono venire a pranzo? Se non hai tempo per preparare qualcosa ci comperiamo la pizza...' e per fortuna dico io, non è che possa anche cucinare alle 22,30 quando mia sorella le dà questa notizia. 
Nel frattempo io sono nella mia cameretta:  mi sembra che nessuno si renda conto che in questa casa ci abito anche io. 
Oltre ai fratelli, alla casa, al lavoro, prima di me ci sono sempre tante e tante cose...questa lista non finisce mai davvero. Adesso ad esempio  è di là che riempie la lavatrice, così domattina sarà pronta per essere messa in funzione, non appena tutta la truppa sarà in movimento. E pensare che io sarei felice semplicemente ad averla vicino, tutta per me, situazione che ormai penso sia irrealizzabile. Anche il cane ed il gatto mi sembra che occupino un posto più importante del mio. Loro ogni tanto si prendono qualche carezza e coccola, che invece a me arrivano sempre più di rado, troppe cose da fare in questa casa. Non si finisce mai.